Il concetto Bobath è attualmente l’approccio riabilitativo più diffuso nel mondo in ambito neurologico. Direttamente dal sito dell’associazione docenti Bobath, ecco un’iniziale ma precisa definizione del concetto Bobath:
Il Concetto Bobath è un approccio sul modello del problem solving rivolto alla valutazione ed al trattamento di persone con disturbi della funzione, del movimento e del controllo posturale causati da una lesione del sistema nervoso centrale (IBITA 1996, Panturin 2001, Brock et al 2002, Raine 2006).
Iniziamo a spiegare un po’ alla volta ciò che è contenuto in questa frase, magari semplice per alcuni ma nient’affatto scontato per chi ci si approccia per la prima volta:
- Cosa si intende per disturbi della funzione? Capiamo intanto cosa si intende per funzione: un’attività diretta ad uno scopo in cui l’individuo si relaziona con l’ambiente in maniera variabile ed efficiente. Cioè tutte le nostre azioni quotidiane, che svolgiamo senza neanche farci caso, fanno parte della nostro bagaglio di capacità motoria funzionale. A questo punto, è facile intuire che il disturbo avviene quando, in seguito ad una lesione, questa capacità è persa, compromessa o diminuita. E di conseguenza tutte le attività da noi svolte diventano una sfida, un problema.
- Perché il problem solving: collegandoci a ciò che abbiamo appena spiegato, si intuisce che la riabilitazione diventerà un processo attivo di soluzione di problemi, dunque un apprendimento motorio, guidato dal terapista, che renda di nuovo ricco il nostro bagaglio funzionale. Oltretutto questo termine viene utilizzato per indicare il modello di ragionamento clinico applicato dal terapista per condurre la valutazione ed impostare il trattamento.
- Lesione del sistema nervoso centrale: perché viene specificata il tipo di lesione? Perché questo tipo di lesioni (conseguenza di ictus cerebrali, ad esempio, ma anche di patologie neurologiche degenerative come la malattia di Parkinson o la sclerosi multipla [1]) sono quelle che causano un danno centrale, cioè all’encefalo, e conseguentemente risultano in deficit motori. Il nostro sistema nervoso centrale è fondamentale per la programmazione del movimento e l’invio di impulsi ai muscoli che lo eseguiranno, dunque quando esso viene compromesso ci troviamo ad affrontare la paralisi muscolare (emiplegia) o gli altri disturbi come la bradicinesia, la rigidità, l’instabilità posturale, l’atassia o l’affaticamento muscolare. E sappiamo tutti che le cellule cerebrali, a differenza di altre del nostro corpo, non si rigenerano. Com’è possibile, quindi, ottenere un recupero?
Per spiegarlo, proseguiamo con la nostra definizione:
L’obiettivo del trattamento è ottimizzare la funzione migliorando il controllo posturale ed il movimento selettivo attraverso la facilitazione.
Cosa si nasconde dietro questa audace affermazione? Il concetto Bobath, così come tutti i metodi di riabilitazione neurologica, si basa su una principale caratteristica della nostra fisiologia studiata e ormai comprovata dalla moderna medicina:
- La plasticità cerebrale: cioè la capacità del nostro encefalo di modificare le strutture e le funzionalità di queste strutture in base all’attività dei neuroni, ed esempio in base agli stimoli ricevuti dall’esterno; è grazie a questa capacità che l’essere umano apprende e in base al suo apprendimento ci saranno modificazioni nelle aree cerebrali predisposte. Dunque, anche se non è possibile che i neuroni compromessi in seguito ad una lesione tornino in vita, le funzioni per le quali essi erano predisposti potranno essere ‘spostate’ nelle aree vicine, permettendo un recupero attraverso un nuovo apprendimento motorio.
- La facilitazione: ecco che entra in gioco il terapista e il suo mezzo per rendere questo apprendimento più funzionale, rapido e facile. Per facilitazione si intende la modalità con cui si permette un processo attivo di apprendimento orientato al raggiungimento e all’ottimizzazione della funzione, cioè il mezzo con cui il terapista accompagna il paziente nel processo di problem solving. Attualmente le strategie di facilitazione comprendono non solo la manualità del terapista che assiste il paziente durante l’esecuzione del movimento ma anche la modifica ambientale e la scelta accurata del compito funzionale.
A questo proposito, ecco un modello ecologico che viene presentato già durante il corso base e che ha saputo visualizzare questa caratteristica del movimento umano:

Ecco, quel piccolo triangolo risultante dell’incrocio dei tre cerchi, lì risiede il comportamento motorio. È questa unione tra persona, compito che si sta eseguendo e luogo dove si svolge che diventa centrale per la riabilitazione neuro-motoria.
Ma dunque, se l’apprendimento è limitato al contesto nel quale è svolto, come riportare gli insegnamenti al di fuori della struttura riabilitativa? In altre parole, come rendere il trattamento generalizzabile?
A questo proposito, poniamo un altro cardine del concetto Bobath:
- La ripetizione (senza ripetizione): la capacità del terapista di far svolgere il compito motorio in contesti variabili, con modalità diverse e strategie diversificate in modo tale da indurre un cambiamento stabile e generalizzabile. Dunque, esattamente come succede nella ‘vita reale’: la persona si trova davanti a molteplici compiti che si differenziano anche per piccole cose (camminare in salita non è la stessa cosa che camminare in piano, afferrare una bottiglia di plastica non è la stessa cosa che afferrarne una di vetro, sollevare il braccio per mantenere l’equilibrio non è uguale a farlo per danzare, e così via), ed è affrontandoli e ‘risolvendoli’ (=problem solving) che costruisce la propria abilità motoria.
Chiariamo adesso che tutto quello di cui abbiamo parlato, e molto altro, fa parte del moderno concetto Bobath, che non si identifica più interamente con quello originato negli anni ’50, inizialmente incentrato sull’inibizione della spasticità e degli schemi patologici di movimento, che aveva basi neurofisiologiche molto diverse da quelle moderne e che è andato modificandosi nel corso della vita stessa dei suoi ‘genitori’ (Karel e Berta Bobath).

di Patricia M. Davies,
Capitolo 1, Pagina 19
Tuttavia, non tutto quello che fa parte delle prime riflessioni di Berta Bobath è stato messo da parte. Ad esempio, l’importanza dell’utilizzo funzionale del movimento ed il trattamento in situazioni di vita quotidiana è stato sottolineato sin dagli albori del concetto Bobath. A questo proposito, vi propongo un’immagine ripresa da uno dei testi considerati come principale (o quantomeno prima) guida pratica al trattamento di pazienti con danno neurologico, parlo ovviamente di Passo dopo Passo di Patricia M. Davies. Nonostante siano testi ormai datati continuano ad avere una grande utilità nell’approccio alla riabilitazione neurologica. In questa serie di fotografie, la terapista guida con le sue mani quelle del paziente durante lo svolgimento di un’attività di cucina (tagliare un cetriolo a fette e riporlo in un’insalatiera). Fa parte del primo capitolo in cui viene spiegata l’importanza del guiding, ovvero della guida terapeutica, e le sue caratteristiche principali: dalla modalità con cui essa viene svolta alla cruciale scelta di un compito adeguato al paziente.
Ora, tenendo a mente cosa abbiamo detto riguardo al funzionamento cerebrale, cioè alla necessità di creare nuovi collegamenti che compensino quelli persi in seguito ad una lesione (derivata da ictus emorragico o ischemico, ma anche patologie degenerative come Parkinson e Sclerosi Multipla…), diventa chiaro quanto sia fondamentale per il nostro tessuto cerebrale allenarsi a svolgere movimenti funzionali rispetto a compiti aspecifici. Vale a dire che il circuito cerebrale che usiamo per allungare il braccio per prendere un bicchiere non è assolutamente lo stesso che usiamo per eseguire il compito ‘estendi il gomito’ che calorosamente il nostro terapista ci invita ad eseguire. Nella riabilitazione troppo spesso si perde di vista il macro-obiettivo per focalizzarsi sul singolo deficit della struttura: per fare un esempio se notiamo che un’iperestensione di ginocchio impedisce o rende difficoltosa la deambulazione non dovremmo limitarci a risolvere il problema in sé ma assicurarci che questo porti effettivamente ad una deambulazione più sicura, più stabile, anche al di fuori della stanza di riabilitazione. Quindi per quanto fondamentale sia capire la causa di ogni limitazione e risolverla, non deve farci dimenticare il motivo per cui il paziente si è affidato alle nostre cure: il recupero di una vita attiva e piena, non schiava della disabilità.
[1] I deficit relativi al controllo motorio consistono in plegia-paresi, debolezza e fatica neuromuscolare (Landau e Sharman 2002, Bohannon 1995, Bourbonnais a Van den Noven 1989), perdita di destrezza (Zackowski 2004), attivazione dissinergica di schemi motori ( Bourbonnais 1989) inclusa la co-attivazione di agonisti ed antagonisti (Chae 2002, Dewald e Beer 2001, Kamper e Rymer 2001, Levin 2000, Gracies 1997, Dewald 1995).