Le cadute accidentali portano molto spesso ad una frattura nell’anziano: sia per le minori capacità di mettere in atto meccanismi automatici di protezione sia per la maggiore fragilità ossea. La lesione più frequente dopo i 70 anni è la frattura del femore, ma non sono rare anche quelle agli arti superiori (polso, braccio) o al bacino.
Possono esserci molte cause per una caduta, e i numeri sulle cadute sono altissimi (cade circa il 30-40% degli anziani che vive nel proprio domicilio, e il 50% nelle RSA) ma oggi mi interessa approfondire l’argomento del dopo frattura nell’anziano: cosa succede al soggetto over 65/70 anni dopo una frattura?
Dopo una frattura nell’anziano inizia un percorso medico che varia da soggetto a soggetto (ad es. una frattura del collo del femore può essere tratta con protesi o con chiodo endomidollare) e uno riabilitativo che potrà essere più breve (nel caso della protesi) o più lungo (nel caso del chiodo). Un principio cardine quando si parla di riabilitazione nell’anziano – quale che sia la patologia – è ridurre al minimo il tempo di immobilizzazione (a letto o in carrozzina) poiché è ben noto che può avere gravi conseguenze. Sono sufficienti, infatti, poche settimane – o addirittura giorni – di immobilità per instaurare un circolo vizioso da cui si farà molta fatica ad uscire.
In molti soggetti anziani che affrontano una frattura, infatti, la componente di riabilitazione più difficile non è quella di recupero della mobilità dell’arto che avviene, generalmente, abbastanza bene. La parte problematica dopo una frattura nell’anziano è il ritorno all’autonomia ai livelli pre-caduta, dunque un ritorno ad una funzionalità “normale”. E questo dipende da fattori più psicologici–neurologici che propriamente fisici-motori.
La sindrome ansiosa post caduta
Una complicazione delle cadute e delle fratture, infatti, è la sindrome ansiosa post caduta: l’anziano riduce movimento e attività proprio per la paura di cadere. Ciò contribuisce a ridurre la forza muscolare, favorendo una deambulazione anormale e, a lungo andare, un ulteriore aumento del rischio di cadere. Come conseguenza ci sarà una maggiore dipendenza, più perdita di autonomia, confusione, immobilità e depressione, con una forte limitazione alle attività di vita quotidiana e notevole riduzione della qualità di vita.
Spesso il soggetto anziano, nonostante abbia seguito diligentemente il percorso fisioterapico assegnatogli e sia tornato a muovere la gamba fratturata con sufficiente scioltezza, non sa più alzarsi dalla sedia senza un aiuto esterno, non torna a camminare senza appoggi, non torna ad utilizzare il wc autonomamente o a fare le scale. Questo perché ha perso fiducia in se stesso, sicuramente, ma anche perché il tempo che ha passato a muoversi diversamente a causa della frattura ha ridotto la memoria motoria dei movimenti corretti. Non è raro, infatti, osservare dopo una frattura nell’anziano che si è perso lo schema del sit to stand (cioè dell’alzarsi in piedi da una seduta): per molte settimane lo ha dovuto fare diversamente per via della frattura e, anche ora che potrebbe tornare a farlo normalmente, non sa più come si fa.
Questo tipo di deficit somiglia più ad un deficit neurologico che ad uno ortopedico e come tale andrebbe affrontato. Non sono sufficienti sedute di fisioterapia tese al recupero muscolare e a favorire il consolidamento osseo: è necessaria una riabilitazione della funzione che porti il soggetto anziano a non allettarsi.
Carenza di motivazione dopo una frattura nell’anziano
Se non si è iniziato subito con un percorso che accompagni il paziente anziano ad un ritorno funzionale, è molto frequente una grande carenza di motivazione nel proseguimento della riabilitazione. Una parte di questa demotivazione può essere affrontata anche dai familiari del paziente che dovranno avere come obiettivo primario quello di trovare attività stimolanti per la persona, senza quindi indugiare nelle paure e senza “coccolare” eccessivamente il proprio caro. Un eccesso di affetto può infatti avere effetti indesiderati.
Anche per questo è indispensabile che con il paziente anziano post-frattura lavori anche un terapista specializzato nel ritorno all’autonomia e alla funzione: non solo per fare da guida ai familiari ma anche perché troppo spesso è difficile per chi è vicino alla persona depressa ottenere risultati soddisfacenti.
La riabilitazione funzionale dopo una frattura nell’anziano
Dovendo tirare le conclusioni, in cosa potrebbe consistere un percorso riabilitativo funzionale post-frattura? Certamente il terapista occupazionale specializzato dovrà armarsi di tanta pazienza: ancor più se è passato molto tempo dalla caduta e dunque tutte le paure ed i deficit conseguenti hanno avuto modo di stabilizzarsi.
Nonostante la paura e ansia del paziente, però, sarà necessario un intervento con obiettivi specifici e con regole chiare e non troppo flessibili. Il paziente proverà infatti in tutti i modi (anche quando è ben motivato ad un recupero) ad “ammorbidire” il trattamento limitandosi a fare quello che sa già fare (ad es. esercizi a letto da sdraiato) o addirittura a “limare” il tempo dedicato al trattamento. È fondamentale che il terapista non ceda a tutte le richieste, ma che cerchi di trovare un compromesso accettabile per entrambi.
Personalmente, ho alcune regole che cerco di far osservare: non si fa terapia in pigiama/camicia da notte (in questo modo, tra l’altro, parte del trattamento può essere dedicato a vestirsi in autonomia), non si torna a letto per riposarsi (ci si riposa da seduto e per tutto il tempo necessario, ma senza sdraiarsi: questo tenterebbe il paziente a considerare “chiusa” la seduta), non si possono rifiutare tutte le proposte del terapista (senza fare proposte alternative), non si può dare buca all’ultimo momento (per molti pazienti sarà una tentazione cercare di annullare il trattamento: sempre per ragioni legate all’ansia e alla paura). Le regole del trattamento dovranno essere personalizzate, ovviamente, discusse in anticipo ed accettate da tutte le parti in causa (paziente, terapista e caregiver).
La scelta di un obiettivo chiaro, come abbiamo detto, faciliterà il lavoro con il paziente anziano purchè tale obiettivo sia condiviso (e dunque egli sia ben motivato). Per personale esperienza il ritorno all’uso autonomo (o quanto più autonomo possibile) del wc è uno degli obiettivi più ricercati dalla persona (quale che sia l’età o la lesione) e dunque potrebbe essere un buon punto di inizio. È importante però che, raggiunto tale obiettivo, si vada avanti con uno successivo: questo farà sì che l’impegno del paziente non vada a decrescere nel tempo.
Seguendo questo principi di riabilitazione dopo una frattura nell’anziano sarà possibile un ritorno alla funzione, all’autonomia e alla partecipazione senza dubbio maggiori (anche se non fosse possibile tornare ai livelli pre-caduta), con effetti spiccatamente positivi anche sul tono dell’umore e sulla qualità di vita.