Riabilitazione domiciliare: pro e contro

Riabilitazione domiciliare: pro e contro

La riabilitazione domiciliare viene spesso vista come l’unica possibilità per quei pazienti che non hanno possibilità di spostarsi e di visitare ambulatori o cliniche riabilitative. Nonostante questo sia vero, non è l’unico motivo per fare questa scelta: la riabilitazione domiciliare ha, infatti, numerosi vantaggi che mancano alla terapia svolta in una struttura.

Ecco quindi i punti a favore della riabilitazione domiciliare:

  • Ambiente reale: svolgere la terapia nella propria casa offre il vantaggio di avere a disposizione il vero ambiente in cui la persona si sposta quotidianamente, dando così la possibilità di eseguire training mirati per quell’ambiente. Tutto ciò, quindi, che in ospedale può essere solo simulato: l’altezza del letto su cui vengono fatti i trasferimenti, il superamento di quel piccolo gradino, l’utilizzo del wc in uno spazio stretto o il cammino sul terreno sconnesso del giardino.
  • Modifiche ambientali: proprio eseguire le attività riabilitative nell’ambiente domestico ci dà la possibilità di analizzare i problemi ambientali ed eventualmente risolverli con modifiche che facilitino la vita quotidiana. Dai maniglioni di sicurezza nel bagno alle rampe di scivolamento per la carrozzina, tutto può essere analizzato e successivamente provato per assicurarne l’utilizzo corretto.
  • Vicinanza dei caregiver: a fianco della persona con disabilità abbiamo i caregiver (familiari o professionisti che si prendono cura del paziente), partecipanti anch’essi del percorso riabilitativo e spesso dimenticati. Sono loro, infatti, a fare in modo che la terapia di un’ora sia estesa all’intera giornata avendo cura di assisterlo nei trasferimenti nella giusta modalità, di controllare che la posizione sia corretta, che gli spostamenti avvengano in sicurezza, eccetera. l’addestramento dei caregiver, che è responsabilità del terapista, avviene in maniera molto più semplice e continuativa nell’ambiente domiciliare.
  • Attività reali: di pari passo con l’ambiente abbiamo le attività ad esso collegate, che sono quelle proprie del paziente e della sua storia, del suo ruolo. Il recupero motorio ha infatti come obiettivo ultimo il ritorno alla vita quotidiana così come la conoscevamo prima dell’evento lesivo, sia esso un ictus o una degenerazione parkinsoniana. A casa più che altrove ci si ricorda di che cosa si faceva prima, e di come lo si faceva. Sarà quindi estremamente più semplice per il terapista e per il paziente scegliere gli obiettivi riabilitativi e farne un lavoro mirato: lo svolgimento delle attività non dovrà essere una mera simulazione.
Riabilitazione domiciliare

Tutto rose e fiori quindi? Non proprio, purtroppo. La riabilitazione domiciliare ha infatti anche alcuni svantaggi non indifferenti, sia per il terapista che per il paziente, che la rendono imperfetta:

  • Materiale limitato: nel momento in cui si vuole svolgere un’attività semplificata, che quindi non utilizzi gli strumenti reali ma sia un “gradino intermedio” o una preparazione all’attività vera e propria, l’ambiente domestico è più povero rispetto a quello di un centro riabilitativo.
  • Mancanza di un lettino rigido e regolabile in altezza: pur facendo parte del punto precedente, la mancanza di questo specifico strumento si fa sentire particolarmente. Il letto di casa, infatti, se è sicuramente il luogo ideale per dormire, non è adatto a molti momenti terapeutici per l’eccessiva morbidezza della superficie e la mancanza di una regolazione di altezza. Ad esempio il terapista potrebbe voler lavorare seduto sul letto con i piedi poggiati o con i piedi sollevati dal pavimento, per obiettivi diversi, ma questo a casa non sarà possibile.
  • Superficie limitata: alcuni ambienti più di altri manifestano questo problema. Senza un lungo corridoio a disposizione, sarà difficile allenarsi alla deambulazione per lunghi tratti e, a volte, anche gli spazi per la terapia che viene svolta da seduti sono inadeguati.
  • Distrazioni frequenti: i familiari, così come possono essere un punto di forza, possono essere anche un limite, e lo stesso vale per l’ambiente stesso. È possibile, infatti, che siano causa di interruzione della terapia per i motivi più disparati: un telefono che suona, la televisione accesa, una discussione in corso.

Questi ostacoli sono, tuttavia, in buona parte aggirabili con un po’ di buona volontà ed ingegno da parte del terapista e del paziente: il materiale si può, nel tempo, ampliare con apporti dall’una e dall’altra parte, i familiari ed il paziente possono accertarsi di creare un ambiente adatto alla terapia, libero quindi da oggetti ingombranti e comodo sia per il paziente che per il terapista, limitare le distrazioni al minimo indispensabile o comunque all’eccezione.

Avere queste piccole attenzioni rende la riabilitazione domiciliare non più una seconda scelta ma una condizione qualitativamente alla pari della terapia in un centro specifico (purchè, chiaramente, venga svolta da professionisti motivati); in conclusione l’ideale dal punto di vista riabilitativo è alternare le due tipologie per ricavare il massimo da entrambe.

Dott.ssa Giulia Mayer