Stare in piedi dopo l’ictus

Stare in piedi dopo l’ictus

Ci sono moltissime attività che si possono svolgere in piedi dopo l’ictus (cosa c’è da sapere sull’ictus?), anche prima che si inizi a camminare. Anzi, allenare la stazione eretta è senza dubbio un ottimo modo per facilitare il recupero della deambulazione. È importante che il paziente inizi a stare in piedi anche al di fuori delle ore di terapia (quando il terapista lo autorizza, ovviamente) perché queste sono sempre troppo poche per indurre un cambiamento nella vita di tutti i giorni: la collaborazione del paziente e dei suoi familiari e caregiver è fondamentale.

Ma a volte stare in piedi dopo l’ictus non è così facile come sembra: anche quando sono state recuperate le capacità motorie a sostenere parte del peso sulla gamba plegica, questa viene ignorata e tutto il carico viene portato sulla gamba sana. Il problema, in poche parole, è riuscire a stare su tutt’e due le gambe. In particolare vorrei aiutare i familiari a riconoscere l’errore e sapere come correggerlo, visto che molto spesso le attività vengono ripetute in assenza del terapista

Come sapere se il carico è equamente distribuito?

Molto spesso potremo notare che una persona che tenta di stare in piedi dopo l’ictus ha una postura facilmente riconoscibile (almeno per chi è del settore) con alcune caratteristiche distintive:

  1. Tiene il piede della gamba colpita leggermente staccato dal pavimento, con il tallone che non poggia.
  2. Tiene la gamba plegica più indietro (così come l’arto superiore, la spalla e tutto l’emi-tronco colpito) mentre svolge le sue attività in piedi. 

Entrambe queste modalità, che si presentino contemporaneamente o meno, sono segno di una distribuzione di carico errata: il peso del corpo è portato solo sulla gamba sana.

Come correggere la distribuzione di carico?

Durante la terapia e grazie all’intervento di un professionista, il paziente verrà allenato a muoversi e stare in piedi utilizzando realmente tutt’e due le gambe: questo tuttavia non gli impedirà di scegliere la ‘strada facile’ quando si muove per conto proprio. È importante quindi che anche i familiari che lo aiutano imparino a correggerlo per stimolare un vero recupero motorio e non lasciare che il compenso temporaneo diventi abitudine quando il paziente prova a stare in piedi dopo l’ictus.

  1. Per prima cosa, allineare la gamba plegica con la sana: se la prima viene lasciata indietro infatti, non può partecipare all’attività. Controllate, quindi, che le punte dei piedi siano sulla stessa linea immaginaria, anche se leggermente divaricate. In questo modo si correggerà più facilmente anche la posizione del tronco e dell’arto superiore.
  2. Poi, delicatamente e senza forzare, aiutate il paziente a portare un po’ di peso anche sulla gamba plegica, con le mani sui fianchi e non sulle spalle. Se si nota che, appena levate le mani, il paziente torna alla sua posizione di ‘comfort’, provare a tenerle un po’ più a lungo, anche per tutta la durata dell’attività.
  3. Non correggete a voce: dire al paziente che cerca di stare in piedi dopo l’ictus “stai su tutt’e due le gambe”, purtroppo non è utile. Le correzioni verbali sono spesso solo frustranti (anche perché devono essere ripetute molte volte). Rimanete in silenzio dietro al paziente mentre svolge le sue attività e correggetelo solo con le mani e solo quando serve: è il modo migliore per motivarlo a svolgerle.

Se si nota la comparsa di altri compensi (come ad esempio l’iper-estensione di ginocchio) interrompere l’attività e farlo presente al terapista: potrebbe essere necessario una correzione diversa o più semplicemente modificare la sceltà dell’attività che si sta svolgendo.

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Dott.ssa Giulia Mayer

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